domenica 11 dicembre 2011

Isabel del mare

Un salto nel buio coriandolo di un'iride sopra la lieve superficie di un mare calmo. Spruzzi gelati e il cielo di quella notte. La spiaggia spezzata da piloni di ghiaccio, palizzate e barche in rimesse coperte da resti di alghe corallo e morti di lische appese. Lungo il viale fino alle prime fila di oblò dentro cui dormivano madri di naufraghi, quell'ultimo sospiro si levò sopra sottili lembi di primule in un vorticare d'alito incanto. Si strinse sui fianchi e ruotò come in una balera di stelle per prendere il largo sopra quelle distese senz'alberi. Si crespò di un petalo al gelo, si stirò sopra sbuffi di nuvole cariche d'acqua e carezzò il blu più alto in una parabola che gli fece attraversare villaggi e terre rabarbaro. Lievemente si lasciò cadere arricciando l'aria fredda fin su il primo comignolo dell'albergo, sopra le assi, attorno all'angolo del sottotetto. Appeso per un solo attimo al cardine della finestra vaporò sopra quel vetro, graffiato dal ghiaccio, come orma d'anima calda. Si consumò in una condensa di lacrimevoli gocce su quel viso d'ovatta aldilà del vetro e Isabel fu di un solo battito d'occhi.

Piegò la testacome di una commiserata veglia su quella notte ingoiata dietro monti che sistendevano in ghiacciaie fino a valle come enormi ceri sciolti al finir della sera. Si levò e voltò lievemente lo sguardo su due piccoli letti a capanno sotto cui dormivano i suoi bimbi.

Quegli enormi piumoni, svoltati due volte, li seppellivano come manti di neve e da piccoleasole per occhi d'orsetti respiravano sotto iglù di cashmere.

Un sorriso, appena, le stirò quel viso paffuto e, in volute di setosa pelle, gli occhi le sistrinsero ai margini di coralli d'acqua. Senza passi o ancheggi si avvicinò al centro di quei letti. La camicia da notte le sfilava lungo un corpo ossuto, trasparente, tra ciglia di seta e bottoni. Luceva del riverbero blu della neve fuori la finestra. Si inchinò e spalando i visetti dei figli tra le coperte li raccolse tra le mani. Al centro, tra i due, guardava le travi, in alto, accennando una nenia.

Con le dita e l'indice percorse il mento di Olav fin su le orecchie, lui che ascoltava poco eparlava di storie e di elfi. Di sperduti monti e delle viscere dei rospi che sapevano cantare:

"Seguirò l’aria che sfiori con gli occhi da mamma, ascolterò le tue storie che saranno mie e ti avrò vicino col fianco aperto al sole dei giorni nostri che saranno"

Ed era incantevole la sua voce e quei gesti di amorevole mamma.

Si voltò sulla sinistra verso Gustavrovistò tra le coperte per perdersi le dita tra i riccioluti biondi. Dolcemente l'indice scorse il viso, gli occhi chiusi e scivolò su quella boccuccia di cuore. Lui che tra i due era l'ometto romantico. Isabel si avvicinò con le labbra a quelle più piccole e intonò un' altra strofa: "Sorridimi sopra gli stipiti del cielo, sorridi, oltre gli astri e i lamponi di marzo, carezzami a lato degli occhi e….. sii ancora mio con un bacio e tutta l’anima tua"

Sembrava cantasse la musica della terra con note di cielo mosse da labbra sottili in minuetti che erano tocchi di un angelo venuto dal mare. Nata dalla spuma in vesti d'alghe a custodire i sogni dei suoi due bimbi. Il tintinnio di quel suo canto dava animo e movenza al grande lampadario a tre ceri e la luce pareva ballare, ocra di olii di grandi balene.

Isabel si tirò su mentre le dita carezzavano piano i due piccoli musetti aperti dal sonno. E ballava al centro tra i bimbi. Le spalle come ali di piume, come onde grasse e lente. La risacca del suo ventre era il sensuale respiro di un'avvenente sposa. Passò davanti al comò, senza passi, quasi volasse, sfiorando le foto del suo amore e di lei bimba davanti al mare. Un girotondo in mezzo alla stanza, sospiri di luce e cantilene che spezzavano il buio agli angoli della stanza come lucciole in una scatola. Sfiorò l'abatjour che come d'incanto si mise a ruotare attorno al suo perno, un piccolo mondo

di chiffon e polline di luce alle pareti. Isabel sembrava prendere aria sopra le assi che si scaldavano, luminescenti e si piegavano in su per poi richiudersi come farfalle di cedro.

Volute di ammaliante cobalto si aprivano ad ogni suo gesto, ad ogni suo torcersi sopra ifianchi e tutto attorno prendeva vita. I mobili di legno fiorivano di licheni e muffe di gemmearancio. Le tende si gonfiavano come vele al vento del nord e gli angoli stretti della camera si gonfiavano quasi che l'intera stanza diventasse un'ampolla pronta a volare nel cielo di quella sua ultima notte sulla terra.

Di quella sua ultima notte sulla terra... "ci sarà sempre l’ombra a dettarti parole, di fianco,sulla tua destra, quando i pensieri concluderanno il giro. Un suo accenno, e..."

E si ruppe l'incanto, sulla sua destra. Fermò la giostra di luci sopra i fianchi e sbatterono a terra i mobili e il letto. Caddero le gemme come singhiozzi e le risaie di mughetti sopra gli stipiti seccarono in un lampo. Isabel s'accasciò vicina al proprio corpo martoriato e fu un lamento cupo. Un schianto tetro dentro al suo petto. Il pianto le salì dal seno e le aprì la bocca come uno strazio. Si vide lì, di fianco al letto, in pose aperte e sconce, sopra un sanguinaccio bruno di pelle e carni.

E si ruppe l'incanto. Iniziò a battersi il cuore da sopra le vesti. L'affranto e le grida nonsvegliarono i bimbi, nemmeno il battere le mani sopra le travi del tetto li distolse dal sonno... e non le restò altro che portarseli via.

Il blu della neve illuminava appena la stanza. Isabel trascinò i piccoli appesi per i mignoli,nel buio del grande armadio. Un piedino si ruppe incastrato tra le ante. Un lieve strappo d'osso e i tre scomparvero per sempre.

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