Nel bar sotto casa, parole profanate su visi abberrati da vetri di carta sillabano piombi e polveri madri, ed in me, in quella muta mancanza che mi aprì gli angoli e le sbronze pagate coi lampioni, tiene sospese le vergogne di una vita comune.
Violacea e gonfia è la sua bocca, crepata di profili insonni, gonfia su sorrisi che sanno d’etere. Sul collo, come una figa, dischiude sonore assolvenze ingoiando sudore e fontane maschie.