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<<>> rispose Bertha.
Miss Foulton le trattenne la mano un attimo di più
<<>> mormorò
Ed eccola scomparsa con Eddie alle calcagna, come il gatto che ricalcava le orme del gatto grigio.
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"quel suo incantevole pero... il suo pero... il suo pero!..."
bertha addirittura corse alle lunghe finestre.
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ma il pero era incantevole come sempre e fiorito e immobile.
Pensò questo con un’intensità tale da tagliarle in due la fronte. pensò e guardò l’albero fino a che, dalla base, il nero di uno spasmo mioclonico lo raggrinzì come una stuoia vecchia.
Le allucinazioni e le deliranti visioni si placavano. L’accesso epilettico era svanito come il temporale che lascia le sue vittime a terra, in miriadi di foglie torte fin sui patii e le finestre.
Assieme al gocciolio delle gronde dai tetti così gli occhi di Bertha terminarono il supplizio delle contrazioni in piccole, lacrimevoli scintille. Si ingoiò gli ultimi nervi e con essi i panni della sua plumbea Pearl. Le spaventose inclinazioni avevano lasciato agli altri, nella stanza, l’odore bruciato dei suoi violenti incanti.
Il dottor Knight abbassò il grosso monocolo d’osso sopra il suo occhio come per accertarsi che in quelle due fertili tube Bertha non nascondesse altro che la cruda realtà. Si rialzò dal viso di lei e cercò l’assenso della istopatologa Face. Lei rispose reattiva al richiamo dondolando la testa sopra al collo come fosse una scimmia urlatrice dal grande posteriore rosa.
Il rumore crespato del lattice sfilato dalle dita sancì la fine della seduta mentre il giovane e rampante Warren ripose nel gel le fiale di acroagonine e cervelli di maiali fritti.
La piccola consulta lasciò la stanza e bertha con l’ultimo dei suoi sforzi sollevò leggermente il capo da quell’astuccio di corpo verso quelle lunghe finestre sul giardino.
Fuori dall’istituto Hirnforschung, sotto a un vecchio albero, Harry e un piccolo taxi di latta, appeso per un fanale a un filo di lana teso fino al dito di una riccioluta bimba.
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